Regime forfettario, cosa cambia nel 2020 per le partite Iva

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Nel 2020 il governo ha introdotto dei nuovi limiti per i lavoratori autonomi e professionisti che hanno aderito al regime forfettario. Dal 1° gennaio di quest’anno infatti, ci sono dei nuovi paletti per i lavoratori che nel 2019 avevano aderito al regime forfettario, quello che prevede la flat tax al 15 per cento (5 per cento per le nuove attività e start-up). Resta escluso chi ha percepito redditi da lavoro dipendente o da pensione superiori a 30 mila euro. Scopriamo nel dettaglio quali sono le nuove regole e chi è costretto a lasciare il forfettario per entrare nel regime ordinario.

Chi può essere forfettario?

Prima di passare in rassegna le modifiche del regime forfettario che prevede una tassazione agevolata per i titolari di partita Iva, vediamo chi può aderire alla flat tax. Possono optare per questo regime i titolari di partita Iva che conseguono ricavi o percepiscono compensi non superiori a 65mila euro in un anno. Se si svolgono due attività, con due codici Ateco distinti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi di tutte le attività. Può accedere al forfettario chi ha sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20mila euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto.

Chi resta escluso dal regime forfettario

I lavoratori autonomi o professionisti che superano i 65mila euro di ricavi in un anno non possono accedere al regime forfettario. Sono escluse anche le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito. Niente flat tax al 15 per cento neanche per chi ha avuto nell’anno precedente a quello di riferimento controllo diretto o indiretto di società a responsabilità limitata con attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente.

Le nuove regole 2020 nella legge di bilancio

La legge di bilancio 2020, veicolata nella legge 27 dicembre 2019, all’articolo 1, dai commi 691 e 692, introduce alcune modifiche al regime forfettario. Non possono più restare nel regime forfettario i titolari di reddito da lavoro dipendente superiore a 30mila euro e i titolari di partita Iva che sostengono spese per compensi ai collaboratori di importo superiore a 20mila euro.

La fattura elettronica resta facoltativa

Fino ad oggi i titolari di partita Iva forfettari sono stati esclusi dai nuovi adempimenti Iva, ma dal 2020 dovranno fare i conti con il Fisco digitale: lo scontrino elettronico diventa obbligatorio anche per le partite Iva forfettarie, ma resta facoltativa la fatturazione elettronica. Esce dalla tassazione agevolata anche chi ha percepito ricavi e compensi per più del 50 per cento dall’ex datore di lavoro o soggetto riconducibile. Questa limitazione era già stata prevista dal 2019, anno in cui il regime forfettario era stato esteso ai redditi fino a 65mila euro annui.

Il limite per dipendenti e pensionati

Per capire meglio, facciamo qualche esempio pratico. Ipotizziamo che un soggetto nel 2019 abbia incassato redditi da lavoro dipendente superiori a 30mila euro, e aveva aperto una partita Iva con il regime forfettario (pagando un’aliquota del 15 per cento sui redditi al netto del forfait, che dipende dal codice Ateco dell’attività di riferimento). Nel 2020, secondo le nuove regole introdotte dal governo, questo lavoratore deve abbandonare il regime forfettario a tassazione agevolata per passare all’ordinario. Stesso discorso per chi ha percepito redditi da pensione superiori a 30mila euro e magari aveva aperto la partita Iva forfettaria per una nuova attività. Anche in questo caso perderebbe i requisiti. Se il lavoratore fosse stato licenziato, invece, non è soggetto al limite di reddito di 30mila euro.