Bitcoin e criptovalute, ecco come cambia la tassazione nel 2023

L’ultima legge di Bilancio ha finalmente messo un po’ di ordine anche tra la fiscalità delle criptovalute. Fino all’anno scorso, infatti, esisteva una sorta di vuoto normativo che rendeva poco chiara la tassazione sui proventi ottenuti da Bitcoin e altre criptomonete. Per la prima volta nel nostro ordinamento, quindi, si analizzano i principi per la regolarizzazione delle monete virtuali. Vediamo quali sono le principali novità.

Aliquota al 26% oltre i 2mila Euro

La manovra approvata il dicembre scorso, prevede una nuova categoria di “redditi diversi” da assoggettare a tassazione nella misura del 26%. L’aliquota è la stessa del capital gain, guadagno in conto capitale, applicata a tutte le rendite finanziarie. Bisogna specificare, però, che si pagherà il 26% sulle plusvalenze conseguite grazie alle cripto-attività solo sulla parte eccedente i 2mila euro nel periodo d’imposta. Viene anche previsto che il possesso di cripto-attività deve costituire oggetto di monitoraggio fiscale, anche nel caso non vengano generate plusvalenze.

Tassati anche gli NFT

Il comma 126 della legge di Bilancio 2023 stabilisce che “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate sono tassate al 26%, al pari degli altri redditi da capitale e redditi diversi”. L’imposta, come già scritto, si applicherà solo per le plusvalenze superiori a 2mila euro. Criptovalute ma non solo. La nuova regolamentazione fiscale riguarda anche gli Nft, ossia i non fungible token. “Per cripto-attività si intende una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”. Quindi rientrano nella casistica, oltre ai currency token anche le utility token e gli Nft.

Quando fiscalmente rilevanti

Cosa cambia quindi per le criptovalute? Le operazioni diventano fiscalmente rilevanti solo in caso di conversione della criptovaluta in una moneta “fiat”, ossia euro, dollaro, o altre valute a corso legale. Per semplificare, se si scambia una criptomoneta con un’altra cripto, l’operazione non è fiscalmente rilevante. Fino allo scorso anno le criptovalute esano soggette alla normativa fiscale relativa alle valute estete, e quindi le plusvalenze non concorrevano a formare reddito a meno che la giacenza sui conti non superasse i 51.645,69 euro, per almeno sette giorni lavorativi continui. Dal 2023, quindi, le criptovalute sono considerate come dei veri e propri asset finanziari e le plusvalenze realizzate sono tassate al 26%. Stessa aliquota per tutti gli strumenti finanziari, tranne che per i titoli di Stato che sono tassati al 12,5%.

Sostituto d’imposta e dichiarazione dei redditi

Chi decide di investire in un fondo sulle cripto, ha il vantaggio che l’intermediario, per esempio la banca, pagherà in qualità di sostituto di imposta, l’eventuale imposta sui guadagni. Diverso il caso di chi compra criptovalute sugli exchange, tramite le tante app disponibili. La compensazione, adesso, tra plusvalenze e minusvalenze dovrà essere fatta in autonomia, in regime dichiarato, con tutte le difficoltà del caso tra i vari quadri e riquadri dei modelli per la dichiarazione dei redditi.

Cosa succede con la donazione

Le tasse sulle plusvalenze generate dalle criptovalute dovranno essere pagare anche in caso di successione o donazione. Sempre nella legge di Bilancio si precisa che “nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione, invece, si assume come costo” quello del donante, che dovrà essere “documentato con elementi certi e precisi a cura del contribuente; in mancanza, il costo sarà pari a zero”.

La sanatoria

Cosa succede a chi non ha indicato nella dichiarazione dei redditi le cripto-attività detenute entro il 31 dicembre 2021? Può regolarizzare la propria posizione versando per ogni anno una sanzione ridotta dello 0,50% del valore delle attività non dichiarate. Da gennaio 2023 scatta anche l’obbligo di versare un’imposta sostitutiva di bollo pare al 2 per mille del valore totale delle cripto-attività, che dovrà essere pagata da tutti i soggetti residenti in Italia.

Lavoro, come svolgere più attività con un’unica partita Iva

Può succedere che nell’arco della propria carriera lavorativa, si decida di avviare una seconda attività. La domanda che si pongono imprenditori e liberi professionisti è se possono aggiungere un’attività alla partita Iva che già utilizzano. La risposta è affermativa. Anche perché non è possibile aprire più di una partita Iva contemporaneamente, ma si possono aggiungere più codici Ateco, corrispondenti alle diverse attività che il libero professionista o lavoratore autonomo intende svolgere.

Cos’è il codice Ateco

Per prima cosa, spieghiamo cos’è il codice Ateco che identifica ogni professione. Si tratta di un codice numerico adottato dall’Istat, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate e le Camere di commercio, con lo scopo di identificare in maniera univoca le singole attività economiche, sia ai fini statistici ma, soprattutto, fiscali. Facciamo qualche esempio: il commercio online ha il codice Ateco 47.91.10, il social media manager il codice 73.11.02 e il giornalista freelance 90.03.01, e così via.

Come scegliere il codice Ateco

Se per alcune professioni l’individuazione del codice Ateco è immediata e non lascia spazio a dubbi, per alcune nuove attività, pensiamo nello specifico a quelle legate al mondo digitale, ci può essere qualche difficoltà in più. Non tutte le nuove professioni del mondo digital hanno già un codice Ateco associato, per questo è sempre bene fare una scelta attenta, facendosi anche consigliare da un professionista abilitato che potrà poi anche seguire la gestione fiscale dell’attività. Una volta individuato il codice Ateco della attività che si vuole svolgere, bisognerà comunicarlo, compilando il modello AA9/12 da inviare all’Agenzia delle Entrate.

Quanto costa aggiungere nuove attività

Precisiamo subito che non c’è un limite ai codici Ateco che si possono associare alla partita Iva. È possibile sceglierne uno, o più di uno, sia nel momento dell’apertura, che in una fase successiva. Per aggiungere un codice Ateco, quindi associare una nuova attività alla posizione fiscale, bisognerà inviare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate, compilando sempre il modello AA9/12. Quanto costa aggiungere un codice Ateco? Se si tratta di un libero professionista che esercita un’attività professionale che non necessita di iscrizione in Camera di commercio, l’operazione non prevede alcun costo. Diversamente, se si trattasse di un’attività artigianale o commerciale, occorrerà effettuare una pratica di variazione anche in Camera di commercio, oltre che all’Agenzia delle Entrate, pagando una marca da bollo e diritti di segreteria (17,50 euro e 18 euro).

Quando non è possibile svolgere più attività con la stessa partita Iva

Se è vero che da un punto di vista fiscale non ci sono limiti nell’aggiungere codici Ateco differenti alla stessa partita Iva, ci possono però essere delle incompatibilità legate a professioni che prevedono l’iscrizione ad un ordine professionale. Ingegneri, architetti, commercialisti non è detto che possano avviare attività diverse dalla loro professione principale. L’agente immobiliare, per fare un esempio, non è libero di aggiungere codici Ateco per attività imprenditoriali dello stesso settore, perché non può fare il mediatore creditizio. Per i liberi professionisti iscritti a un ordine professionale, quindi, è consigliabile verificare proprio con l’ordine di appartenenza l’assenza di criticità nello svolgere più attività con la stessa partita Iva, oltre all’esercizio della professione principale.

Regime forfettario con più attività

Anche i contribuenti che hanno aderito al regime forfettario possono esercitare più attività, con codici Ateco differenti. Con questo regime, però, ogni codice Ateco ha un indice di redditività definito, utile per calcolare l’imposta sostitutiva (con aliquota al 5% oppure al 15%) da versare in sede di dichiarazione dei redditi. Ai fini della permanenza nel regime forfettario (il fatturato non deve superare la soglia dei 65mila euro all’anno), bisogna considerare il limite più elevato tra quelli fissati per ciascuna delle attività esercitate. Se si tratta di attività dello stesso settore, con lo stesso indice di redditività, si sommeranno i fatturati di ciascuna attività. Se si esercitano attività di settori diversi, bisognerà applicare a ciascun fatturato il corrispondente coefficiente di redditività e si dovrà suddividere i ricavi delle due attività.

Dichiarazione dei redditi 2022: modalità e scadenze da fissare in calendario

Ci siamo, la stagione della dichiarazione dei redditi sta per entrare nel vivo. Per non incorrere in sanzioni, però, è bene tenere a mente, anzi segnarsi sul calendario, le scadenze per presentare il modello della dichiarazione 2022, relativa ai redditi del 2021. Vediamo quali sono le date da non dimenticare e quali tipi di modelli scegliere per comunicare i redditi al Fisco e, di conseguenze, pagare le tasse.

Il Modello 730

Iniziamo con il più utilizzato: il Modello 730. Questa dichiarazione dei redditi è dedicata ai lavoratori dipendenti e pensionati e offre diversi vantaggi. Prima di tutto, il contribuente non deve eseguire calcoli e la compilazione risulta più semplice. Si ottiene il rimborso dell’imposta, oppure si procede al saldo, direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, a partire dal mese di luglio (per i pensionati il termine slitta ad agosto o settembre).

Il Modello 730 Precompilato

Quest’anno la dichiarazione dei redditi precompilata sarà disponibile dal 23 maggio 2022. Slitta infatti la data a partire dalla quale l’Agenzia delle Entrate renderà disponibile il modello 730 precompilato, che di solito era il 30 aprile. Con la conversione in legge del decreto Sostegni ter, il termine è stato spostato. Chi deciderà di presentare il Modello 730 precompilato, dovrà collegarsi al sito dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) utilizzando lo Spid (https://www.ellequadra.com/spid-cosa-serve-come-richiederlo/), oppure la carta di identità elettronica (CIE), oppure una carta nazionale dei servizi.

I vantaggi della dichiarazione precompilata

I lavoratori o pensionati che decidono di inoltrare al Fisco la precompilata, senza effettuare modifiche, non saranno soggetti a controlli sulle spese detraibili allegate in automatico nella dichiarazione. Si può anche modificare/integrare il modello Redditi precompilato prima di inviarlo all’Agenzia delle Entrate. Non c’è alcun obbligo di presentare il Modello 730 precompilato, è sempre possibile, infatti, farlo con modalità ordinarie, ossia tramite Caf o professionista abilitato.

Modello 730/2022: entro il 30 settembre

La presentazione del modello 730 relativo ai redditi del 2021, dovrà essere effettuata entro il 30 settembre 2022. Nello specifico: il 730 precompilato dovrà essere presentato direttamente all’Agenzia delle Entrate o al Caf o al professionista o al sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale. Il 730 ordinario dovrà essere presentato al Caf o al professionista abilitato o al sostituto di imposta: nel caso di presentazione al Caf o al professionista abilitato il controllo formale sulla documentazione presentata e sulla compilazione è effettuato nei confronti del Caf o del professionista.

Le modalità di presentazione

Il contribuente può scegliere di presentare il Modello 730 scegliendo la modalità telematica, in questo caso con la dichiarazione precompilata, oppure può preferire il Modello 730 ordinario che dovrà essere presentato da un Caf o da uno professionista abilitato, come per esempio un consulente del lavoro o uno studio di commercialisti o che presta assistenza fiscale. Chi deciderà per la precompilata, dovrà indicare i dati del sostituto di imposta, compilare la scheda per la scelta della destinazione dell’8, del 5 e del 2 per mille dell’Irpef, anche se non esprime alcuna scelta, e verificare la correttezza dei dati inseriti nel 730.

Scegliere un Caf o un professionista abilitato

Il contribuente o pensionato che, invece, sceglie di presentare il 730 tramite l’assistenza di un Caf o di un professionista abilitato deve consegnare oltre alla delega per l’accesso al modello 730 precompilato, il modello 730-1, in busta chiusa. Il modello riporta la scelta per destinare l’8, il 5 e il 2 per mille dell’Irpef. Bisognerà presentare al Caf o professionista abilitato anche la documentazione originale, per esempio gli scontrini o fatture che riguardano le spese detraibili. Il contribuente deve esibire tutti i documenti che dimostrano il diritto alle detrazioni e deduzioni richieste in dichiarazione. I documenti vanno conservato per 5 anni. Quelli relativi alla dichiarazione 2022, fino al 31 dicembre 2027.

Dichiarazione dei redditi con partita Iva: entro il 30 novembre

I titolari di partita Iva devono utilizzare il Modello Redditi Persone Fisiche. Nel modello devono essere inserite tutte le entrare e le uscite avvenute nell’anno precedente alla presentazione. Il Modello Unico è utilizzato per le dichiarazioni delle persone fisiche, principalmente per la dichiarazione dei redditi d’impresa e/o di lavoro autonomo delle partite Iva. La dichiarazione dei redditi va presentata, in via telematica, entro il 30 novembre 2022. I titolari di partita Iva possono scegliere la consulenza fiscale di un professionista (https://www.ellequadra.com/studio-contabile/gestione-fiscale/) che si occuperà di rispettare gli adempimenti fiscali e della stesura delle dichiarazioni.